marco-minello_altroversoBiografia: Marco Minello è nato a Roma nel 1966. Marco si avvicina alla fotografia in tarda’ età per caso. Oggi ha uno studio fotografico in società con altri fotografi nei pressi di Roma. Minello ha iniziato come fotografo di agenzia per poi divenire fotografo Free Lance. Collabora con riviste, settimanali e mensili. E’ definito un fotografo glamour, ad ogni modo è abbastanza usuale per lui spaziare in altri campi come fashion e moda in generale.

Intervista a Marco Minello

D. Com’è nata in te questa passione per la fotografia? Quando hai iniziato ad appassionarti di fotografia?
R. Detto fra noi, non sapevo neanche di avere questa passione. In passato non amavo guardare gli album fotografici né tantomeno gradivo essere fotografato, poi qualcosa in me è cambiato. Quasi dieci anni fa mi stava per nascere una figlia e mi sono così recato in un negozio per acquistare la mia prima macchina fotografica. Nel giro di un anno sentii sfociare in me un’autentica e vera “ fame fotografica “. Non so se la parola “passione” sia corretta nel definire ciò che sento quando ho tra le mani la mia macchina fotografica… diciamo che la fotografia è diventata parte integrante della mia vita, in altre parole la mia amante.

D. A che miti della fotografia prendi spunto? Qual è la tecnica che prediligi? Perché?
R. Ispirarmi? Non credo sia corretto dire questo, diciamo che ammiro i lavori di molti fotografi sia del passato sia del presente, per citare alcuni nomi: Helmut Newton, Ruth Bernhard, Edward Weston o Robert Farber… osservo le loro opere, le guardo, le riguardo, cerco di interpretarle, e credo sostanzialmente, che una volta fatto questo, molte di queste fotografie mi restano dentro, ed inconsapevolmente influenzano il mio modo di fotografare. Non esiste una tecnica che prediligo, cerco sempre di eseguire il lavoro o lo scatto che mi è stata richiesto nel miglior modo possibile.

D. Quanto a tuo modo di vedere muta il ruolo del fotografo nella società odierna? Mi riferisco in primis al passaggio dal rullino al digitale e alla semplicità di utilizzo di macchine fotografiche professionali da parte di tutti o quasi i soggetti, oltre ovviamente all’abbattimento dei costi.
R. Nonostante basti un cellulare per scattare foto accettabili, chi sul serio svolge la professione del fotografo riuscirà sempre a trasmettere nelle sue opere le conoscenze tecniche acquisite in anni ed anni di lavoro. Anche se l’era del digitale ha portato a volte scambi di professione, ad esempio molti grafici sono definiti fotografi e viceversa. Credo che tutto ciò sia normale e non preoccupante, anche perché’ poi chi è in grado di emergere a mio parere emergerà ugualmente, a prescindere dal mezzo usato. Forse il fatto che oggi una macchina fotografica semiprofessionale o professionale se la possono permettere quasi tutti ha contribuito a creare una serie di “personaggi “ che si spacciano per fotografi ma che in realtà, a mio avviso, non lo sono.

D. Qual è il tuo scatto migliore? Che cosa rappresenta per te? Che tecnica hai utilizzato? Che cosa volevi sublimare nell’immagine? Qual era la vera essenza?
R. Questa è una bella domanda. Per me lo scatto migliore ancora non esiste o forse lo farò domani… chissà. Non mi ritengo mai soddisfatto, sono ipercritico, trovo difetti a tutto quello che faccio. Non mi accontento mai, però proprio questo modo di essere mi porta ad andare avanti, a cercare sempre di migliorarmi. Se un giorno perdessi questa sensazione d’insoddisfazione nei miei lavori, vorrà dire che ho perso la passione e probabilmente smetterò di fare il fotografo. Quando un lavoro è solo un lavoro porta inevitabilmente all’appiattimento creativo.

D. Come dovrebbe iniziare un giovane che si appassiona di fotografia? Che cosa dovrebbe fare? Quali sono le mosse giuste da seguire in questo mestiere? Quanto la crisi economica influisce?
R. Un giovane ma anche meno giovane che si avvicina a questo mondo dovrebbe per me in primis, valutare se questo possa essere il suo vero lavoro o meno. E’ inutile fingersi un appassionato quando non si è… si vede poi da quello che fai. Le fotografie parlano per i fotografi come un dipinto parla per un pittore. Altro suggerimento è che questo è un mondo particolare, non c’è nulla di semplice, nessuno ti regala nulla, e che quindi si va avanti solo con le proprie forze e con i propri mezzi. Forse la mossa più giusta dopo aver seguito dei corsi introduttivi è affiancarsi a qualche fotografo professionista anche più di uno per imparare oltre alle tecniche anche come muoversi in questo mondo. La crisi economica come in tutti i campi non agevola il lavoro di fotografo oggi, anche grandi aziende cercano di portare a casa il bel lavoro con la minima spesa, a volte addirittura gratuitamente, o servendosi di chi non è dell’ambiente per abbattere i costi. Detto tra noi fare il fotografo costa e non poco perché l’attrezzatura non dura in eterno e se vuoi essere al passo con i tempi, devi investire in prodotti sempre nuovi e più cari.

D. Cos’è per te la fotografia? E Cosa non dovrebbe essere invece?
R. La fotografia è il mezzo che uso per esprimere le mie emozioni… è un grande mezzo. Parto sempre dal presupposto che non tutto quello che io realizzo puo’ piacere a tutti, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno oggi né di Minello Marco né di nessun altro. Tutto è già stato fatto in questo ambiente, c’è poco da inventarsi , ma esclusivamente ci resta il compito di modificare le cose già viste a nostro piacimento e con una creatività che abbia il massimo degli estimatori una volta eseguita. Man Ray un altro grande diceva “Non si può far meglio degli antichi maestri, si può solo essere diversi. Non so che cosa sia originale o moderno. Non sono in anticipo rispetto al mio tempo: vivo solo nel mio tempo e cerco di essere me stesso.”. Credo che la sua filosofia sia l’esatta descrizione di cosa è oggi la fotografia. Di quello che invece non deve essere, mi astengo dal rispondere, non sono nessuno per dettare regole o dire cosa sia giusto o non giusto, mi limiterò solamente a dire che l’importante è che una foto rappresenti sempre l’ideale e il senso di libertà, lo stile comunicativo di chi l’ha eseguita.

D. Quanto psicologicamente parlando, uno che svolge la tua professione, deve essere malleabile e riuscire a mettere a proprio agio la persona che si fotografa, cogliendone i tratti salienti?
R. Io parlo molto quando scatto, forse anche troppo, rido, scherzo, cerco insomma di abbattere al più presto quel muro invisibile che ci protegge quando abbiamo davanti ad una persona per la prima volta, prima si ottiene sintonia prima si può pensare al lavoro da fare. Altrimenti quel muro sarà presente in ogni foto. Se non sei abbastanza sensibile da capire chi hai di fronte si tornerà a casa con un lavoro che non funziona.

D. Perché una persona dovrebbe affidarti i suoi ricordi? Ossia poniamo l’esempio che ti proponga di fotografare le nozze di una coppia. Il giorno più bello della loro vita, indimenticabile, dove ogni minimo errore potrebbe rovinare quel clima gioioso e di festa. Tu sai che devi immortalare quei momenti unici cogliendone l’intensità. Ti senti sempre in grado di farlo?
R. Credo che il sentirsi sempre in grado di fare tutto sia una delle cose principali da evitare, un po’ come la paura. Non esiste il lavoro facile figuriamoci un Matrimonio. Dalla mia parte posso solo dire che farò il tutto nel modo migliore e soprattutto con la massima professionalità di cui dispongo. Un po’ quello che dico sempre a tutti e in ogni occasione, ci vuole tanta umiltà in questo lavoro e ripeto essere convinti e quindi dire “ non ti preoccupare sono il migliore”, non è la strada giusta per affrontare queste situazioni.

D. Oltre alla tua vena artistica nel campo della fotografia sei anche una persona di cuore. Quanto la tua sensibilità dunque, influisce sui tuoi lavori?
R. Credo che la sensibilità come l’educazione siano dei requisiti che in nessun fotografo debbano mancare. Senza questi due requisiti non c’è secondo me modo di interagire già dal primo approccio. Poi il sapersi mettere in gioco ogni volta come fosse la prima volta senza sentirsi un Top.

D. A cosa ti dedichi nel tuo tempo libero?
R. Tempo libero? …. Ahahahahaa

D. Tra le varie nazioni visitate e fotografate quali porti nel tuo cuore e perché?
R. In assoluto credo che uno dei posti più fotografabili del pianeta sia Parigi, si presta a tutto sia alla gioia sia alla malinconia Alla bellezza alle stranezze ed a tante altre cosette. Credo che se ci mettessimo in qualunque punto di Parigi bloccassimo il tasto di scatto della macchina fotografica facendola scattare a ripetizione e la tirassimo in aria, nel momento di cadere giù avremo sicuramente fatto almeno una foto bellissima. Mi affascina molto quella città e mi sono ripromesso di farci un servizio fotografico Glamour quanto prima.

D. Un tuo sogno nel cassetto è…?
R. Guarda di sogni nel cassetto ne ho tantissimi, diciamo che un cassetto non mi basta più. Tengo sempre presente comunque che variano col variare del tempo e quindi quello che una volta era un sogno oggi è un dato di fatto, e quindi ne cerco di nuovi. Al momento penso che il sogno più grande per me sia lasciare il segno, cioè creare una serie di lavori artistici che magari saranno apprezzati dal pubblico, come accade a me oggi apprezzando i lavori dei grandi fotografi del passato.

D. Progetti futuri?
R. Progetti futuri molti, ma un po’ per scaramanzia, e un po’ perché’ non è nel mio stile, non amo divulgarli. Diciamo che sono identici a quelli odierni… migliorare per migliorarsi.

A Marco Minello un grosso in bocca al lupo per la sua carriera da parte di tutta la redazione.

Intervista realizzata da Ilaria Solazzo.

“Quando un’intervista vista l’ora è appena finita, una nuova intervista è appena iniziata.
Un’intervista per amare, per sognare, per vivere…”

Materiale fornito a titolo completamente gratuito da Ilaria Solazzo e Marco Minello per “Altroverso Magazine” ed “Altroverso Radio”.

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