“ Se accettiamo la definizione classica di pittore come colui che usa il pennello, io piuttosto sono un disegnatore”,  è così che esordisce Daniele Pacilli mentre stiamo salendo sull’ 8.

Incuriosisce questo artista, che con la sua andatura un po’ zoppicante ricorda la fatica di destreggiarsi tra cielo e inferno, i due poli a cui lui stesso sente di appartenere. L’ inferno di essere cresciuto nella borgata romana, con le sue prevaricazioni e la sua rabbia e allo stesso tempo l’ orgoglio di esserci nato; l’ inferno della cosiddetta “Roma bene” che commissiona lavori per poi non pagarli e forse da qui quel pessimismo che continuamente straripa dalla voce di una vita dedicata all’ arte.

Poi c’ è il cielo, fatto di foamboard, china e pennarelli. Questi sono gli strumenti con cui prendono corpo quei prolungamenti di lui che sono i suoi lavori. Punto simbolico di congiunzione di questa duplicità, lì dove spesso immergersi nella realtà vera  vuol dire  trovarsi obbligati ad accettare anche commissioni non di proprio gusto,  un tatuaggio sul braccio rappresentante Dalí, quasi a ripetere come un Mantra:  “faccio cose che mi ispirano un’emozione profonda e tento di dipingerle con onestà”.  Ripeterselo, gettandosi oltre un’ eccessiva  razionalizzazione dell’ arte, che a volte rischia di depauperare la bellezza della semplice percezione, in quanto tutto può essere spiegato, ma  non sempre una spiegazione comprende il tutto. C’ è sempre, a livello sensoriale, una sorta di inquietudine che aleggia nei soggetti di Daniele, soprattutto volti.

È l’ essere umano che gli interessa ed è il volto la parte che maggiormente ci contraddistingue, come scegliere di concentrarsi sul particolare nella generalità dell’ esistenza, ma qualcosa continua a sfuggire nelle linee geometriche che squadrano il naso e le labbra di questa donna dai capelli rossi;  è una sigaretta consumata nell’ incapacità di fermarsi quella che sta fumando nel suo autoritratto. Le bocche a volte spalancate altre appena schiuse,  gli occhi a volte privi di pupille altre profondamente languidi, confermano, oltre un mascheramento iniziale, come l’ intento non sia poi  quello di spaventare o incutere timore, ma spingerci oltre la fisicità del tangibile nel punto in cui un labbro inferiore di donna diviene naso di qualcun’ altro, esseri singoli che si compenetrano o almeno cercano di farlo, lasciando sempre un punto di distacco in cui la totalità torna essere separazione e ci si ritrova di nuovo soli, desiderosi dell’ altro e sfuggenti. Lì dove il tangibile resta si affonda negli strati più profondi di ciò che si tocca e si vede fino allo scheletro e la matassa  di filamenti  che vi si spargono appena sopra, ma gli occhi rimangono,  avvallati in uno spesso contorno di nero che li dovrebbe rendere temibili e invece non fa altro che acuirne la piena  fragilità per questa nudità mostrata.  Un po’ come quest’ uomo che ho davanti, a cui chiedo della sua arte, ma che continua a parlarmi della sua vita, solo che qui non sussiste differenza tra le due, qui non c’ è spazio intermedio.  Deve averle rincorse entrambe nelle scenografie curate per il Teatro dell’ Opera, il Teatro Traiano ed altri, rincorrerle e rincorrersi fino a Rio de Janeiro, lavorando a decorazioni per uno studio di tatuaggi, facendo tappe in alcune gallerie a Los Angeles e Barcellona, passando per Berlino e ritornando da dove si è partiti,  Roma, ma con già in programma due nuove esposizioni a Zurigo ed Helsinki.

Ed è proprio a Roma che la coscienza del viaggio si fa sentire, scrutarsi nello specchio dei propri successi e insuccessi e chiedersi se questo amore dato è stato ripagato abbastanza, se non si sarebbe dovuto puntare anche ad altro, cercarsi a metà nell’ arte e  metà di sé lasciarla ad altri custodi. Non c’ è retoricità in questi punti interrogativi, umanità: quello sì. Proprio dalla nostra parte umana  scaturisce il dubbio e l’ inquietudine che si aggroviglia intorno ad esso, ecco che il rischio di un piccolo rimpianto si cela in ricordi di persone forse troppo presto lasciate andare. E quando gli chiedo di scegliere tra cielo e inferno e di non poter optare per mezze misure perché non ci sono concesse, ha un riso trattenuto come di chi ha scelto da tempo.  Che cosa? Nonostante il suo look possa forviare, è ancore qua dopotutto a parlarmi con lo stesso innamoramento di quel bambino che ha circa sei anni prese un tovagliolo e disegnò un ritratto al tavolo di un ristorante.

Questo è cielo.

“If we accept the classical definition of the painter as one who uses the brush, I’d rather be a cartoonist,” this is how Daniel Pacilli made ​​his debut while we are going on ’8.

This artist make us curious, with his limp he recalls the difficulty of juggling between heaven and hell, the two poles to which he feels he belongs. The ‘hell to be raised near Rome, with his prevarications, and his anger and at the same time the’ pride of be born there, the Hell of the so-called “well-Rome” who commissioned  works and then didn’t pay for them and perhaps here it starts  that pessimism that constantly overflows in the voice of a life dedicated to art.

Then there’s the sky, made of foamboard, ink and markers. These are the tools with which he gives body to those “extensions” that are his works. Symbolic point of conjunction of this duality, where immerse themselves in the true reality means to be forced to accept commissions that you dislike, a tattoo on his arm that represents Dalí, almost repeating like a mantra: “I do things that inspire me a ‘profound emotion and I try to paint them honestly. ” Say that over and over to himself , throwing more than a ‘rationalization of excessive art, which sometimes threatens to impoverish the beauty of simple perception, because everything can be explained, but not always, a simple explanation includes an explanation of everything . There is always at the sensory level, a kind of anxiety that lives in the subjects of Daniel, especially in their faces.

It ‘s the human being that captures his attention and the face is the part that most distinguishes us, choosing to focus in particular on the generality of the ‘ existence , but something continues to escape to the geometric lines that define the nose and the lips of this woman from red hair , a cigarette is consumed in the inability to stop the one who is smoking in her self-portrait. The mouths wide open at times other newly hatched , eyes sometimes without pupils other deeply languid , confirm that the goal , beyond masking the original , is not to scare or frighten , but to go further in the physicality of the tangible point in which a woman becomes lower lip nose of someone else, individual beings that permeate or at least try to do it , always leaving a detachment point where the totality becomes separation again and you find yourself alone again , elusive . There, where the tangible remains it sinks into the deeper layers of what you touch and it shows up the skeleton and the tangle of filaments that spread just above , but the eyes remain, endorse in a thick black outline that should make them fearsome and instead does nothing but underline the fragility of this shown nudity. Just like the man in front of me, to which I ask of his art, but that continues to talk about his life, except that here there is no difference between the two, here there is not an intermediate space. He must have chased both in the sets treated for the Opera theatre, Trajan theatre and others, chase and chase each other up in Rio de Janeiro, working on decorations for a tattoo studio, making stops in several galleries in Los Angeles and Barcelona ,stopping in Berlin and back to where everything started; Rome, but already with two exhibitions scheduled in Zurich and Helsinki.

And it is in Rome that the consciousness of the trip is felt, scrutinize in the mirror all the successes and the failures and wonder if this love was recognized enough, if it would have been better to bet even more, look for a half of ourselves in the ‘ art and leave the other half to other custodians. There is not a  rhetorical meaning in these question marks , humanity, there is just humanity. From our human part comes doubt and the ‘ restlessness that got tangled around it , the risk of a small regret lies in the memories of people that maybe we let go too soon . And when I ask him to choose between heaven and hell and not choosing both, he laughs like someone who made his choice long time ago. What ? Despite his look can give a wrong idea of him, he is still here talking to me with the same love and passion of that kid  that at 6 years old drew a picture on a napkin in a restaurant.

This is heaven.

Traduzione a cura di Federica Santarelli