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[dropcaps round=”no”]M[/dropcaps]i trovo nella posizione più che singolare di recensire un film a cui ho partecipato. Infatti in “Happy Days Motel”, opera prima della regista Francesca Staasch, interpreto Candy, una dei protagonisti del film.

Mi rendo conto che chi legge potrebbe pensare ad un evidente conflitto di interessi. Ma il mio obiettivo, parlando di questo film, non è quello di fare uno sterile elenco di tutti i suoi pregi, cosa che sarebbe, in parte, autoreferenziale. Voglio, invece, offrire il mio particolare punto di vista sulla visione del film.

Mi sono chiesta che cosa potrei offrire in più, con la mia esperienza, ad un futuro spettatore. E la risposta che mi sono data è che, in realtà, la mia visione del film è stata caratterizzata da un qualcosa in meno, poiché conoscevo già la storia in tutti i suoi dettagli. Nonostante ciò, però, il film non mi ha annoiato affatto. E questo non perché aspettassi con impazienza ogni scena in cui apparissi (anche perché, come afferma generalmente qualsiasi attore, rivedersi sullo schermo è il momento che più si teme), ma perché sono stata catturata dai colori e dal ritmo. Ho trovato i colori accesi e strani, come se fossero più brillanti del solito, e stessero a rappresentare una realtà leggermente distorta, mentre la musica mi ha subito trasportato nel ritmo del film, offendo un commento agli episodi e collegando tra loro le vicende dei vari personaggi.

 

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 “Happy Days Motel”, infatti, è composto da diverse storie convergenti in uno stesso luogo, ovvero  il motel del titolo. I cinque personaggi principali appaiono alquanto strani. Balti ha un datore di lavoro che scompare appena prova a rintracciarlo, e che lo ha spedito a consegnare misteriose valigette, Dustin fa il meccanico solo per passione, perché per guadagnarsi da vivere fa il gigolò; Laura è una donna che vive in un mondo tutto suo, non riuscendo a convincersi della morte della figlia; Candy è una ragazzina con un disturbo ossessivo- compulsivo, innamorata di un eroinomane molto più grande di lei, Lupo.

Dopo aver assistito ad una breve storia di quello che ha portato i personaggi nel motel, li vediamo muoversi tra i suoi corridoi misteriosi e le sue stanze spoglie. E’ un mondo che sembra essere quasi senza tempo e senza una connotazione spaziale ben definita. Anche se, automaticamente, lo spettatore è portato a pensare che la storia sia ambientata ai giorni nostri, se si osserva il film più attentamente ci si rende conto che non ci sono elementi che lo possano far pensare chiaramente. In qualche occasione si intravedono dei personaggi parlare usando degli auricolari, ma i cellulari non vengono mostrati.

 

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Nel mondo in cui si muovono i personaggi, non sempre tutto viene spiegato con logica. Ad esempio, varie volte, nel corso del film, vediamo Laura che, allo scoccare di ogni ora “doppia” (come possono essere le 12:12 o le 14:14), è in grado, con un semplice colpo, di far uscire dai distributori automatici soldi e merce varia. Questo è uno degli strani dettagli che costellano il film. Conoscendo tutta la storia, ero già preparata a ritrovarmi in  un mondo un po’ strampalato, dove non tutto viene sempre spiegato. Consiglio allo spettatore di fare la stessa cosa: lasciare da parte il desiderio di voler spiegare tutto, e abbandonarsi alla storia, anche nei suoi tratti più assurdi. “Happy Days Motel” può richiedere, a volte, un salto nel vuoto.  Lo spettatore può scegliere se accettare che qualcosa sia così come è più per il piacere dell’inventare che non per una precisa logica razionale.

Questo non vuol dire che la trama non abbia una sua logica e un susseguirsi consequenziale degli avvenimenti. Il punto fondamentale è che la regista sceglie di non usarla come unica forza che muove gli eventi. E’ come se, a cominciare dai colori accesi e dai luoghi non identificabili, Francesca Staasch stesse presentando allo spettatore la sua visione, che è completa e motivata così come è, senza dover spiegare niente di più. Lo spettatore è libero di accettarlo o meno.

Quello che io di sicuro posso aggiungere, servendomi della mia esperienza come attrice, è che, per quanto strani e a tratti quasi assurdi, tutti i personaggi sono animati da motivazioni non solo credibili, ma anche del tutto condivisibili dagli spettatori, che possono identificarsi con loro. Quando ho interpretato Candy mi sono sforzata di prestare attenzione a quello che pensava e a ciò che la legava agli altri personaggi. In questo modo ho capito che, per quanto la trama generale possa sembrare priva di una logica ferrea, e le storie dei personaggi siano molto particolari, in realtà la vera logica del film sta nei rapporti tra i personaggi, nel modo in cui si avvicinano e si allontanano tra loro e reagiscono agli eventi.

 

 

Uno dei maggiori pregi del film non è solo nella particolarità degli avvenimenti raccontati, e nella stranezza dei dettagli. Per utilizzare uno degli esempi già fatti, la forza del film non sta solo in un personaggio che è in grado di svaligiare macchinette di merendine con un semplice colpo, ma anche in come questo stesso personaggio si relazioni con gli altri.

#VALERIA BELARDELLI#

 

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Francesca Staasch

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