[dropcaps round=”no”]L'[/dropcaps]“Amletó” va in scena, con la regia di Giancarlo Sepe, al teatro “La Comunità” di Roma fino alla fine di febbraio. E’ un’opera che va a cercare l’essenza del testo shakespeariano e riesce a mostrarla in una luce nuova.

La rivisitazione di Amleto fatta da Giancarlo Sepe non riproduce ogni episodio né abbraccia ogni verso di Shakespeare. Al contrario, il regista usa la trama originale come punto di partenza per i personaggi e gli eventi raccontati, combinandoli con ambientazioni e temi presi dal film “Hôtel du Nord”, diretto nel 1938 da Marcel Carné.

Lo spettacolo inizia con gli otto attori sul palco. Ognuno ha in mano un cartello con su scritto il proprio nome e il proprio destino (ad esempio, sul cartello di Claudio c’è scritto “usurpatore”, mentre quello del re dice “assassinato”). Con dei movimenti che ricordano dei burattini, gli attori, accompagnati dalla musica, mimano la storia che sta per andare in scena.

 

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Gran parte degli eventi sono narrati dal punto di vista di Claudio. E’ uno stratagemma molto efficace, poiché offre l’occasione di scoprire le ragioni che hanno portato Claudio all’uccisione del re, suo fratello. Nella rivisitazione di Sepe la storia è ambientata in Europa tra la prima Guerra Mondiale e gli anni ’40 e, pur seguendo le linee generali della trama shakespeariana, ha diversi somiglianze con il film di Carné, soprattutto per quanto riguarda i personaggi e le ambientazioni.

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L’unica mancanza dello spettacolo è forse riscontrabile proprio nella trama, nel poco equilibrio che a volte si nota tra gli eventi che vengono raccontati e il tempo che viene loro dedicato. La prima parte dello spettacolo, più lunga ma anche più suggestiva della seconda, è ben bilanciata, mentre verso la fine si ha l’impressione che troppi avvenimenti vogliano essere raccontati in troppo poco tempo.

Quando, invece, Sepe preferisce musica ed immagini al dialogo, tutto scorre via in modo perfetto.

Per gran parte dello spettacolo gli attori rimangono in silenzio. Quando, infine, parlano, i loro dialoghi assomigliano a una musica. Comunicano, infatti, con un grammelot francese, ovvero una lingua inventata che, però, tra parole chiaramente italiane che vengono francesizzate e suoni particolari, ricorda il francese.

 

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Mentre non si incontra alcun problema nel cogliere il senso generale di ogni scena, allo stesso tempo si può avere, in alcuni momenti, difficoltà a cogliere ogni dettaglio. Ma l’interesse e il piacere dello spettacolo non ne risentono affatto, dal momento che ciò che sembra essere fondamentale per Sepe è l’atmosfera che riesce a ricreare. Ancora prima di riuscire a notare e a comprendere ogni particolare della storia, siamo catturati da un vortice di immagini, capaci di trasmettere emozioni e suggestioni specifiche.

Le luci creano un mondo popolato da ombre inquietanti e da colori accesi, che danno all’opera un senso di giocosità. Ogni scena sfocia senza sforzo o meccanicità in quella successiva, cambiando continuamente l’atmosfera.

Il meccanismo di Sepe è perfetto: ogni movimento, ogni nota, ogni colore è usato per costruire un’immagine che suggerisce un fotogramma. Il suo lavoro è una dichiarazione d’amore per il cinema, per il cinema ricco di invenzioni e di esperimenti dell’inizio del ventesimo secolo.

 

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La bellissima scenografia fa sì che questa visione diventi realtà. Il ponte sospeso appena sotto il soffitto, nella parte iniziale del palco, è l’elemento principale di una scena che assomiglia ad un sogno: tutti i personaggi, costretti a lasciare il loro Paese nel 1939, attraversano il ponte diverse volte, portando con sé i loro oggetti più cari. Una macchina molto realistica viene costruita in una manciata di secondi sotto gli occhi degli spettatori, ed è al centro di una delle scene più cinematografiche dell’intero spettacolo, quando viene ricreato un inseguimento. Lo spettacolo di Sepe non è solo una dichiarazione d’amore per il cinema, ma anche per il teatro, e per tutte le straordinarie possibilità offerte da un uso ingegnoso ed intelligente del materiale scenico.

Questo modo suggestivo di narrare e di dipingere un mondo a sé stante è resa in modo così efficace dalla musica, che accompagna i movimenti degli attori e dà allo spettacolo il suo ritmo e la sua atmosfera. In questo modo ci viene offerta la singolare esperienza di assistere ad un film muto messo in scena davanti ai nostri occhi.

#VALERIA BELARDELLI#

 

AMLETO’ DI GIANCARLO SEPE
TEATRO LA COMUNITA’ PZ SONNINO
ORE 21 DOM POM ORE 18
INFO E PRENOTAZIONI 065817413
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teatro la comunità

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