luca brunetti altroversoBiografia: Luca Brunetti nasce a Roma il 17-4-1990. La sua vita al livello artistico nasce dalla sperimentazione poetica all’età dei quindici anni, che volge verso una poesia romantico-ermetica, implementando la sua conoscenza sulla poesia dantesca e novecentesca, con corsi di specializzazione. La fotografia lo attrae all’età di venti anni dopo aver cominciato a sentire l’esigenza di applicare la sua creazione a una realtà definita. Sui set si ripercorrono le prime orme di fotografo di backstage, oltre che di runner, puntando a trovare il giusto equilibrio nella forma. L’esperienza nel cinema lo forma molto, diviene in brevi passi, ispettore e direttore di produzione, oltre che l’assistente di un organizzatore. Da ogni set ruba con gli occhi dai vari Direttori della fotografia e registi i loro segreti, chiede loro con umiltà consigli e prova con semplicità a carpire il mestiere attraverso la pratica. Inizia il percorso universitario al DASS (dipartimento di arti e scienze dello spettacolo) alla sapienza… un percorso che gli porrà difronte tante ambizioni concettuali e culturali plasmandolo nell’animo. L’attrazione verso Cechov, Barrault, Truffaut è un elemento che lo plasmerà nei lavori a venire. A ventidue anni entra a far parte del FAI Giovani Roma, e ne diventa il fotografo ufficiale. Inizia la lunga esperienza negli eventi. Iniziano i primi cortometraggi, e i primi lavori assidui con delle modelle. Poco prima però prende forma un gruppo di lavoro “Lamia Creative”, di cui è Presidente, fondatore, cominciando a dare spazio ai primi lavori, e le sperimentazioni di un percorso personale. Le collaborazioni sono continue e assidue, da varie aziende trasteverine, a locali in zona termini. Il gruppo e Luca crescono a vista d’occhio, toccando le diverse realtà di un mondo appena sfiorato. Le esperienze spaziano da book, a matrimoni, a cataloghi, a viaggi personali, ogni situazione è un giusto luogo e spazio per intraprendere nuovi orizzonti fotografici e non solo. “Lamia Creative” cresce, e inizia la fase organizzativa, di cui Luca è diretto creatore e super visionatore. Nel 2013 fa un corso di formazione fotografica per dare una forma definita alle esperienze createsi solo al livello empirico. A oggi l’attività è continua, pronto a spaziare tra le lande dei vari percorsi della fotografia, pronto a dargli finalmente un indirizzo preciso. L’attrazione verso il ritratto e l’espressione del corpo umano sono un punto di rilevanza tangibile verso il suo modo di creare e catturare, a volte forse si concentra più alla definizione plastica del viso, che al luogo in se.

Intervista a Luca Brunetti

D. Com’è nata in te questa passione per la fotografia? Quando hai iniziato ad appassionarti di fotografia?
R. La passione per la fotografia è nata da un’evoluzione degli strumenti che avevo in mano. Mi spiego. Da ragazzo scrivevo poesie, quindi creavo immagini, esprimevo impressioni, attimi di vita, dopo qualche anno sentivo l’esigenza di catturare la realtà circostante a me, non solo nel mondo del mio “iperuranio” mentale, ma soprattutto in quello che mi circondava. Volevo vedere la realtà, toccarla, renderla viva, ed era possibile in un momento solo attraverso l’immagine, diretta, esaustiva, che in un unico momento comprendeva un mondo. Tutto ciò avvenne verso i ventuno anni quando ho cominciato a farmi le ossa sui primi set cinematografici come runner.

D. A che miti della fotografia prendi spunto? Qual è la tecnica che prediligi? Perché?
R. Non ho dei miti particolari, perché prima di crearmi in mente un punto di arrivo, un Master, voglio ancora studiare molto. Amo Bresson per il suo modo di catturare il momento, amo Nadar per la sua capacità di fare dei ritratti splendidi. Studio molto la fotografia in generale, cerco di capire la tecnica in ogni foto, anche se essendo alle prime armi, devo ancora assimilare moltissimo. Ultimamente sto vagliando due tecniche, una è High Key, sia sul Bianco e Nero sia sul colore, anche se sul colore è molto complessa, l’altra è la miscela del B\N come background e il soggetto cardine a colori. Sono estremi di un mondo che ancora devo vagliare e carpirlo nella sua semantica completa. Devo imparare un linguaggio e prima voglio studiarlo a 360° per poi potermi soffermare sulle sue specifiche. Il perché di questi estremi? Nel caso dell’High Key mi piace l’idea di trovare il confine tra il bianco puro e il contorno nero, quando si sovraespone tutto, va verso una tonalità quasi sbiadita rimanendo però sempre in alcuni limiti di visibilità. E’ il confine di una realtà.
Nel caso della miscela B\N e colori, perché anche qui c’è la contemplazione di due realtà semantiche completamente diverse, l’astrazione del B\N e il realismo del colore, soprattutto se parliamo di digitale.

D. Quanto a tua opinione muta il ruolo del fotografo nella società odierna? Mi riferisco in primis al passaggio dal rullino al digitale e alla semplicità di utilizzo di macchine fotografiche professionali da parte di tutti o quasi i soggetti, oltre ovviamente all’abbattimento dei costi.
R. Il passaggio è un passaggio molto critico. Prima la tecnica era il principio di tutto, si dovevano sapere per forza di cose certi principi che ora con il digitale sono bypassati “dall’esperienza sul campo”. Se da una parte ha dato la possibilità di creare un flusso di lavoro molto più grande, ha anche abbassato notevolmente la qualità. Siamo tutti “fotografi, siamo tutti professionisti o pretendenti tali”. Io sto tornando alla pellicola perché è vero che la sensibilità di un uomo non si basa sulla tecnica, ma prima di renderla visibile bisogna sapere cosa si usa, e come si usa.

D. Qual è il tuo scatto migliore? Che cosa rappresenta per te? Che tecnica hai utilizzato? Che cosa volevi sublimare nell’immagine? Qual era la vera essenza?
R. L’immagine migliore ti direi che è sempre l’ultima, sono legato però a uno scatto fatto dopo aver visto la mostra di Bresson a Parigi, ero stato molto attento, stavo carpendo come i suoi schemi geometrici, le sue triangolazioni fossero precise ed equilibrate, uscendo dal museo, avevo in testa un concetto sulla città per un esame di fotografia che dovevo fare, ed è uscito fuori una Rosa che congiunta con la griglia del museo Pompidou, dava spazio a una vista di Parigi sublime. L’essenza della città era il mio obiettivo, volevo cogliere il tutto, mi ero sobbarcato di tanti pensieri, forse troppi per questo progetto, alla fine è nata la cosa più semplice 1\125 F18 ISO 320. Ho molte altre immagini cui sono comunque affezionato, ma a esserti sincero sono tecnicamente sono più carenti.

luca brunetti foto 1 altroverso

D. Come dovrebbe iniziare un giovane che si appassiona di fotografia? Che cosa dovrebbe fare? Quali sono le mosse giuste da seguire in questo mestiere? Quanto la crisi economica influisce?
R. La crisi economica non influisce soprattutto all’inizio, il problema è dopo, quando vuoi fare il salto di qualità e mancano i fondi necessari. Secondo me deve prendere una reflex, un’analogica e cominciare a scattare ovunque, e piano piano analizzare le situazioni fatte, andando a vedere immagini, tante immagini, capendo cosa e dove sbaglia. Leggere serve molto, vedere anche, l’occhio si deve abituare a una nuova semantica, a osservare tanti dettagli che prima non capiva e non rendeva tangibili. Buttare il cuore oltre l’ostacolo, esplorare a 360° il mondo che si sta per la prima volta affrontando.

D. Cos’è per te la fotografia? E Cosa non dovrebbe essere invece?
R. La fotografia è comunicazione, come ogni arte, una comunicazione che se riesce a trascendere lo spazio e il tempo possiamo definire veramente arte. Cosa non è la fotografia? Il superamento dei suoi estremi, la meta fusione con l’arte grafica possiamo definirla non più fotografia ma Grafic-Art anche se si parte da un Raw. Il limite tende a mio avviso anche verso la fotografia antropologica, e l’estremizzazione della fotografia concettuale che tende sempre più verso la video arte.

D. Quanto psicologicamente parlando, uno che svolge la tua professione, deve essere malleabile e riuscire a mettere a proprio agio la persona che si fotografa, cogliendone i tratti salienti?
R. A mio avviso è fondamentale, più della tecnica. Bisogna essere bravi psicologi, bravi armonizzatori, trascendendo la propria idea nella modella. A me piace molto parlarci prima, conoscerla, capire com’è fatta, vedere come la luce cade sul viso, come si muove. Lo scatto è fatto in tre: la sensibilità del fotografo, l’affinità con lo strumento (macchina fotografica), e la determinazione del modello.

D. Perché una persona dovrebbe affidarti i suoi ricordi?
R. Una persona mi dovrebbe affidare i suoi ricordi, i suoi vissuti, per riuscire insieme a dargli una luce viva, vivida. Anche se non parlerei di affidare ma di vedere insieme, un nuovo punto di vista. Ogni passo, ogni movimento, è rilegato a un’esperienza precisa, ogni reazione del nostro corpo è data dal passato, e da quello che insiti siamo. E’ come amare a livello platonico una persona. Quando si scatta, bisogna divertirsi e avere fiducia l’uno nell’altro. Prima di arrivare a questo livello, bisogna conoscere tanto ma tanto, la fotografia.

D. Poniamo l’esempio che ti propongano di fotografare le nozze di una coppia VIP. Il giorno più bello della loro vita, indimenticabile, dove ogni minimo errore potrebbe rovinare quel clima gioioso e di festa. Tu sai che devi immortalare quei momenti unici cogliendone l’intensità. Ti senti sempre in grado di farlo? Non ti assale mai la paura di sbagliare?
R. In questo momento ti farei un doppio discorso. Il primo VIP o non VIP bisogna avere la stessa attenzione verso tutti, indistintamente. Il secondo che ti potrei dire, in questo non ho ancora le capacità per fare tutti gli scatti da “urlo”, ma di farne uscire un buon lavoro sì, quindi tanto cuore in gola, e voglia di azzannare lo scatto. Tante esperienze si devono cogliere al volo, anche con il rischio di bruciarsi.
Io ho imparato sbagliando, ma cogliendo da ogni situazione il massimo per il mio livello. La vita va presa con tenacia.

D. Oltre alla tua vena artistica nel campo della fotografia sei anche una persona di cuore, quanto la tua sensibilità dunque, influisce sui tuoi lavori?
R. La mia voglia di scattare nasce da quello che sento dentro. Ogni mio lavoro ha un po’ di me.
Inizialmente ero tutto istinto, tutta ipersensibilità, ora sto cercando di appianare i due livelli di complanare la sensibilità con il raziocinio, per dargli forma ed equilibrio. Arriverà il giorno in cui potrò dare sfogo al mio estro con una precisione chirurgica.

D. A cosa ti dedichi nel tuo tempo libero?
R. A me piace molto lo sport, ho fatto per molto tempo Kung Fu e continuo a praticarlo per conto mio.
Seguo lo sport in generale, e nel frattempo sto cercando di costruire una società. Il tempo libero in generale è sempre poco. In ogni caso la fotografia e i video occupano a tutti i livelli la mia vita, perché l’occhio da osservatore non svanisce mai.

D. Tra le varie nazioni visitate e fotografate quali porti nel tuo cuore e perché?
R. La Germania, la porto nel cuore perché è stato il mio primo viaggio con la mia ex compagna, in quell’occasione ho creato il mio primo vero lavoro videografico. La Germania è una nazione che ho amato e assaggiato in ogni sua parte.

D. Un tuo sogno nel cassetto è…?
R. Il mio sogno è aprire una società in cui tanti elementi diversi, si coordino per plasmarsi in un’unica identità espressiva, vagliando le soglie dell’essere umano.

D. Progetti futuri?
R. D’idee e lavori ce ne sono molti in cantiere, le due che spiccano di più sono il mio primo documentario al livello videografico, mentre per quanto concerne il settore fotografico indubbiamente acquisire una grande tecnica per migliorare la ritrattistica.

Ti ringrazio per le domande molto interessanti, a presto, e al prossimo scatto!

A Luca Brunetti un grosso in bocca al lupo per la sua carriera artistica da parte di tutta la redazione.

Intervista realizzata da Ilaria Solazzo.

“Quando un’intervista vista l’ora è appena finita, una nuova intervista è appena iniziata. Un’intervista per amare, per sognare, per vivere…”

Materiale fornito a titolo completamente gratuito da Ilaria Solazzo e Luca Brunetti per “Altroverso Magazine” ed “Altroverso Radio”.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.